Il teatro trasformativo per la crescita personale e sociale (parte 2)

Teatro per la crescita personale e sociale

Nell’attuale panorama artistico, il teatro si erge a strumento di fondamentale importanza per la consapevolezza e la crescita dell’individuo, inserendo l’arte drammatica all’interno di un percorso dedicato allo sviluppo del potenziale umano.

Molteplici gruppi teatrali si dedicano a questo ambito, avvalendosi dei processi formativi dell’attore, come l’autoconoscenza, la memoria sensoriale, l’improvvisazione, la conoscenza corporea, l’autobiografia, l’analisi del personaggio e dei suoi tratti distintivi. L’obiettivo è quello di creare un teatro essenziale, finalizzato a connettere il microcosmo dell’individuo con il macrocosmo che lo circonda, collegando il singolo all’universo e al progetto sociale che lo ospita.

Questi percorsi, che culminano in momenti di rappresentazione, costituiscono autentiche occasioni di “autocoscienza sociale“, ovvero momenti in cui l’empatia e la sensibilità sollevano interrogativi di fondamentale importanza, negli attori e nello spettatore, rispetto alle questioni esistenziali.

teatro terapia

Tra teatro e terapia

Spesso, in ambito socio-sanitario, il termine “teatro” è affiancato al termine “terapia“, che in inglese significa “prendersi cura” (to care for), mentre in italiano è stato deformato, assumendo il significato di “rendere un trattamento”. Tuttavia, il concetto di “teatro-terapia” nella sua accezione inglese rappresenta un’esperienza di tutt’altra portata, che non si limita ad una mera sanitizzazione.

Si dibatte tra cura e spettacolo, ognuno rivendicando un suo aspetto, l’uno guardando l’altro con sospetto: da una parte, un teatro umile, o “poverino”, privo di “talento”, ma denso di significato, di calore umano; dall’altra, un teatro spesso lezioso, artefatto, rispettoso dei sacri crismi del “bon ton teatrale”, ma privo di significato, ridotto a esperienza di seconda mano, ancorato all’impalcatura del “come se fosse vero”, perdendo l’immediatezza e la vicinanza alla vita vissuta.

In molte esposizioni, tavole rotonde, conferenze che animano il mondo del teatro, gli uomini e le donne di scena respingono l’associazione del termine “cura” e men che meno “terapia,” alla propria nobile arte, ma al contempo riempiono i loro discorsi di termini psicoterapici, come se volessero placare o vendicare l’antico fantasma dell’attore “canaglia”, burlone e ciarlatano, dinanzi a platee sempre più piene di psicologi, psichiatri e psicanalisti.

La dimensione socio-psico-politica

Infine abbiamo il teatro socio-psico-politico, che parla in modo realistico del pane, della casa, del lavoro e della medicina come se fossero la cura unica per far tornare in vita il malato e integrarlo nella società, ignorando il fatto che per molti di loro il pane, la casa, il lavoro e la medicina rappresentano troppo spesso il misero inizio del fallimento di un’evoluzione interrotta, una ricerca “sana” e paradigmatica che invece di essere annientata, richiederebbe una riformulazione più profonda.

Da più di 25 anni gli esperti dell’AEDO conducono laboratori di teatro nell’ambito della mediazione artistica, (nonchè gruppi psico-corporee) – per la crescita consapevole e sana della persona.

I suoi progetti si svolgono in collaborazione con i centri di salute mentale, con le scuole pubbliche di ogni ordine e grado, con i centri di crescita personale e nei teatri.

Qua la prima parte dell’articolo

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